31 dicembre 2021

IL MONDO IMPOSSIBILE DELL’EMPATIA


Qualche anno fa lo psicoanalista Massimo Recalcati ha scritto una ‘kantiana’ «critica della ragion empatica» mettendo in discussione che essa possa essere considerata “come una delle forme più evolute del legame sociale”. Va da sé che nei nostri rapporti sociali l’empatia sia, nelle giuste dosi, necessaria e positiva. Ma, si chiede sempre lo studioso lacaniano, “sentire quello che il mio simile sente, condividere i suoi stati emotivi, sentirsi all’unisono è davvero la forma più positiva che può assumere la relazione con l’altro?” Non è invece necessaria una certa quota di freddezza, una ‘sana e giusta distanza? che ci permette di salvare le differenze e le identità di ciascuno? 


Recalcati cita il famoso caso del padre dello scrittore Flaubert (raccontato da J.P.Sartre ne L’idiota della famiglia) che si fece operare dal suo stesso figlio. Risultato: morirà durante l’operazione, “ucciso” dal figlio. Fatto dai risvolti psicanalitici assai intriganti, sui quali Recalcati avanza alcune interessanti ipotesi.


Ma veniamo ai giorni d’oggi. Oggi l’empatia ha assunto i contorni di un’ideologia, in base alla quale l’altro diventa a noi “trasparente”, uguale a noi, totalmente e falsamente omogeneo. Diversamente dalla democrazia che è tutt’ altro che empatica perché non abolisce le differenze anzi di esse si nutre per valorizzarle.

Ma Recalcati va ancora oltre indagando anche sulla relazione genitori e figli. Paventando il pericolo di un “eccesso di prossimità” (i sistemici la chiamano “confusione”) che comprometterebbe la dimensione singolare della libertà e il sacrosanto diritto dei figli a tutelare il mistero (i “segreti”) della loro esistenza. Salutare a suo avviso sarebbe una certa dose di ‘incomprensione’ che crediamo non sarebbe piaciuta a una certa Florence Montgomery, autrice del famoso romanzo “Incompreso”.

In conclusione, lo psicanalista, citando Nietsche, fa appello a un’ “esigenza di oscurità” che sembrerebbe essere la base di ogni rispetto autenticamente altruistico, “mentre un elogio sperticato dell’empatia come capacità di immedesimazione all’altro, vorrebbe invece attenuare la solitudine della nostra singolarità rendendoci tutti più simili”. 

Anche la psicoanalisi ammonisce a sospettare della spinta ad essere tutti uguali, resettando la soggettività delle differenze. Sono celebri le invettive di Jacques Lacan durante gli anni del suo insegnamento, mettendo in guardia dal pericolo di fare di una relazione tra soggetti differenti "una speculare tra simili".


Curioso è la nota di Aristotele sull’invidia che a suo parere si manifesta in maggior misura verso coloro che ci sono più prossimi e non invece con coloro che non conosciamo e ci sono distanti.

Attenti a quella che qualcuno chiamava la “intimità alienata” perchè “saper stare generativamente in un legame significa anche saperne stare sempre parzialmente fuori”. 

I legami più fecondi, conclude Recalcati, e duraturi “si fondano sulla capacità di stare da soli”. Ovviamente ciò non significa che le persone debbano vivere del tutte sole e abbandonate, nella nostra piena indifferenza. Solo che la loro lingua dovrà sempre continuare a rimanerci un po’ estranea….. 

1 commento:

  1. Un articolo interessante che apre numerosi squarci sulle diverse implicazioni di questo concetto. Uno stimolo ad andare oltre il semplice significato per esplorare le diverse forme e i diversi modi di relazionarsi attra con la realtà

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