19 agosto 2019

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Un vecchio film di Francois Truffaut Non drammatizziamo è solo questione di corna (mi auguro che qualcuno se lo ricordi, non tanto il film quanto il grande regista francese), ci è venuto in mente leggendo di un libro uscito lo scorso anno di una psicoterapeuta belga sul tema dell’infedeltà (Così fan tutti - Ripensare l’infedeltà). Ma non è di questo che vogliamo parlare, quanto invece dell’ossessione tutta americana di dire e conoscere la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Stiamo parlando, come penso abbiate capito,  di legami di coppia, ossia di quel genere di realtà che è assai difficile definire e inquadrare, che va molto al di là delle identità di ciascuna persona e del loro libero arbitrio. 
Una coppia è un sistema - dicono quelli che la sanno lunga - e tutto ciò che vi accade dentro è al tempo stesso complesso e normale, apparentemente semplice e indecifrabile, misterioso e affascinante. Innumerevoli studi si pure sono affannati nel chiedersi perché scegliamo certe persone e non altre, ammesso che alla base del tutto ci sia una “scelta”, una decisione vera o non invece un insieme di fattori che solo in parte riusciamo a controllare. 
Tornando al punto ci domandiamo: quanto si sarebbe più felici se davvero rinunciassimo all’idea di voler scoprire tutto del nostro partner fino a chiederci, facendo carte false,  se ci è fedele o no, o se, come dice il grande Ludovico Ariosto, siamo del tutto certi di non portare sulla testa quello che lui chiama “l’incarco delle corna” lasciandoci liberi così di avere più motivi di onorare e amare il nostro partner. Il libro di Esther Perel che vive e lavora a New York presenta una casistica imponente e variegata di coppie che, ossessionati dal culto della verità, fanno a gara a rivelare i loro segreti. E allora eccovi due esempi di come questa forma di “narcisismo dell’onestà” possa avere effetti pessimi tanto che, sempre citando il poeta, “se de la moglie sua vuol l’uomo tutto saper quanto ella fece e disse, cade de l’allegrezze in pianti e guai onde non può più rilevarsi mai”. 
Per primo un film, bellissimo, incantevole e tenero (Paradiso amaro di cui vi offriamo il trailer italiano), ma leggero come una brezza che mette in scena il tema del tradimento e del distacco. E’ la storia di un avvocato cinquantenne che scopre grazie alla rivelazione improvvisa e impulsiva della figlia adolescente che la moglie lo tradiva e che stava per chiederle il divorzio. Il guaio è che la moglie è caduta dal motoscafo battendo la testa ed è in coma irreversibile. Si apre allora la caccia all’uomo, venata di atmosfere malinconiche e tragicomiche. Non vogliamo rivelarvi più di tanto della trama del film ma possiamo dirvi che le cose drammatiche che accadono non sarebbero accadute se l’ansia edipica di verità della figlia non fosse prevalsa sulla quieta e credula inconsapevolezza del marito. 
Ma ancora più eloquente è un passo dell’Orlando furioso dove Ariosto si dimostra oltre che finissimo poeta, acuto conoscitore dell’animo umano e psicologo ante litteram. Rinaldo, ospite in uno splendido palazzo, potrà sapere la verità su sua moglie Angelica bevendo vino da un calice magico. Se la moglie gli è fedele, demmo una goccia gli cadrà sul petto; in caso contrario… Cosa farà Rinaldo? A pochi centimetri dal fatale passo falso, Rinaldo ragionerà così: “É davvero un pazzo chi si mette a cercare ciò che non alcun desiderio di trovare, saggio o stolto che sia non voglio sapere più di quello che so”.
Un tema così appare ancora più attuale in considerazione del fatto che oggi i calici incantati e maledetti si sono prodigiosamente moltiplicati in cellulari, email e altri dispositivi elettronici tanto da riattualizzare il racconto biblico per cui infrangendo il comandamento di Dio e mangiando il frutto della conoscenza Adamo piombò dalla gioia nell’afflizione (anche lì si trattava di un Paradiso, ormai direbbe Milton “perduto”.
Sfiorando l’abisso, Rinaldo decide di essere felice allontanando da sé il calice stregato; Principe o Serpente biblico dobbiamo resistere alla tentazione di cedere alla “volontà di sapere”. Come dice Emanuele Trevi, “l’amore consiste in tutto ciò che non sappiamo di chi amiamo”. Essendo creature imperfette, lacerate e dissonanti non rendiamo più complicata la vita e impariamo da Ariosto usando la sua saggezza evitando l’errore di “Chi quel che non vorrai trovar, cercasse”.

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